INDICE


La Habana y La Luna

El Barba

Dolares y Pesos

Nadie

Maestro

Particular

Phillis, John and Dan

Inmigracion

INMIGRACION



Quando sono arrivato in Messico da New York, ho scoperto che, per prendere il volo per La Habana, dovevo passare attraverso il servizio di immigrazione messicano, anche se rimanevo all'interno dell'aereoprto. Questo e' un dettaglio importante, perche' ogni volta che si entra in Messico, alla frontiera mettono un timbro sul passaporto. Dovendo tornare negli Stati Uniti, e poiche' cercavo di evitarmi problemi con il servizio di immigrazione statunitense, pensavo di mentire e sostenere che ero rimasto in Messico per tutto il periodo di tempo. Ovviamente i due timbri d'entrata, a distanza di dieci giorni mi avrebbero "smascherato".
Non che al servizio di immigrazione statunitense dovrebbe fregargliene piu' di tanto dove sono stato io. Sono cittadino italiano, il mio paese, tra le poche cose buone che fa, non ha un embargo su Cuba, quindi io sarei libero di andare dove mi pare. Falso. Io ho un visto per risiedere temporaneamente in questo paese, e gli agenti del servizio di immigrazione, delle specie di cani da guardia ai cancelli dell'impero, hanno il potere di vita o di morte sul tuo passaporto. Possono li' per li' tramutare il tuo visto da residente in visto turistico, cambiare il tuo status, praticamente a loro piacimento, non solo possono negarti d'entrare nel paese anche se hai tutte le carte in regola. Dovevo trovare il modo di evitare questo, ma ho rinviato tutto all'ultimo giorno.
Arriva l'ultimo giorno. Il mio volo parte da La Habana alle sette di mattina. Considerando gli orari cubani di Cepillo e altri possibili inconvenienti, decidiamo di farmi venire a prendere da un taxi alle quattro della mattina. Ci raccomandiamo molto, al telefono, che lo mandino in tempo. Ci siamo raccomandati cosi' bene che alle tre e mezza era gia' sotto casa. Arrivo all'aereoporto con solo...tre ore di anticipo.
Sono il primo.
L'aereoporto e' ancora chiuso. Guardo attraverso le porte d'ingresso per vedere se c'e' della vita. Niente. Solo la grande scritta "Creemos en el socialismo!".
Dopo pochi minuti passano due addetti alla pulizie, che mi vedono fuori, e vengono ad aprirmi le porte.
"Non c'e' ancora nessuno, pero' se vuole si puo' sedere dentro".
Grazie, mi siedo dentro.
Arriva il personale per il check in. Iniziano a mettere i cartelli e mi fanno subito il check in. Inizio gia' a chiedere informazioni sul timbro del passaporto. Non sanno niente, devo sbrigamerla in Messico.
Arriva anche l'agente del servizio di immigrazione e apre la dogana. Vado con il mio passaporto, dopo aver pagato l'incredibile importo di quindici dollari, per il quale Phillis a momenti ci moriva d'infarto. Lo apre, lo guarda, vede che e' italiano, e fa per metterci un timbro. Lo fermo.
"No, niente timbro, devo rientrare negli USA"
"ah, certo....Si e' divertito a Cuba?"
"Si, molto"
"Cosa e' venuto a fare?"
"Sono musicista ero qui per il Festival di Musica Elettronica"
"ah si..aspetta...ma tu sei l'italiano che ieri era in televisione a Contacto??"
"Si"
Sapevo che il programma era popolare, ma non cosi' tanto. Del resto con un solo canale a disposizione....
"Aspetta" Si alza, esce dal suo gabbiotto, lo richiude.
"Vieni con me, andiamo a prenderci un caffe', c'e' una signora che viene ogni mattina con il caffe' qui fuori, vediamo se e' gia' arrivata".
La signora e' arrivata, non vuole lasciarmi pagare il caffe', che poi non si dica che l'ho corrotto. Chiaccheriamo un po', chiede che gli spieghi un po' della musica elettroacustica. Passano venti muniti.
"Adesso devo proprio rientrare"
I passeggeri cominciavano ad arrivare.
Cominciava a far luce. Prima di entrare nell'aereoporto mi giro a guardare Cuba.

Erano anni che non mi succedeva di lasciare un paese dove ero in visita, con lo stessa stupida tristezza con cui si lasciavano gli amici al mare alla fine delle vacanze, al tempo del liceo.
Resto immobile, imbecille come un teen ager a fine estate, con lo sguardo puntato un po' a casaccio, ripassando le mie giornate cubane, poi ogni tanto mi fermo e non penso a niente, poi arriva Phillis. Mi riporta sulla terra.
Incredibilmente il nostro aereo parte con 25 minuti di anticipo. La ragione, ci spiegano poi a bordo, e' che due tempeste stanno per arrivare in quest'area, quindi e' meglio svignarsela in fretta. Voliamo tra due impressionanti muraglie di nubi nere, nell'unico corridoio aperto e azzurro. Impressionante. Arriviamo a Cancun. Finalmente inizio a preoccuparmi del mio passaporto.

Decido che l'unica tattica possibile e' quella di arrivare davanti all'agente dell'immigrazione, mettere una faccia da scemo e pregarlo di non farmi il timbro. Poi forse negli stati uniti nemmeno lo guardano, pero'...Arriva il mio turno.
"Buongiorno" Alza la mano con il timbro, poco ci manca che non lo fermi con la mia mano, pero' mi guarda in faccia e capisce che c'e' qualcosa. Si ferma.
"Vede io devo rientrare negli Stati uniti, se lei mi mette il timbro e quelli mi chiedono dove sono stato...capisce? sa arrivo da Cuba"
"Si ma tu sei italiano"
"Si pero' risiedo negli USA"
"Mi spiace, ma io non posso farci niente"
"Lo so pero' io ho la coincidenza fra 8 ore e non esco nemmeno dall'aereoporto"
"Non posso fare niente, e' la legge. La legge e' la legge"
"Capisco che la legge e' la legge, pero' la circostanza, insomma, e' un caso particolare"
"Io no posso farci niente, pero' se torni infondo alla coda e metti una mancia dentro il passaporto, puo' darsi che mi dimentichi di farti il timbro"
Quanto sara' una "mancia" in Messico? Non posso andarglielo a chiedere. E se poi non gli basta?
Ho quaranta dollari nel portafogli. Gliene metto venti, venti mi servono per mangiare, oltretutto John aveva finito i soldi e glieli dovevo prestare. Venti.
Arrivo, prende i soldi, borbotta qualcosa, chiaro che voleva di piu', pero' si "dimentica" di mettere il timbro. Ho corrotto un ufficiale. Sono come Berlusconi. Anch'io posso giurare sui miei figli che non sapevo niente, ha fatto tutto il mio segretario. Tanto non ho figli.

Ultimo passaggio attraverso l'immigrazione. Quella statunitense. Arrivo molto rilassato, non dovrebbero esserci problemi. Ho pronte tutte le carte. Diligentemente compilate, cosi' non mi possono far storie. Ho pronte tutte le varie alternative. Se non mi chiedo niente, faccio un bel sorriso e gli dico:
"Good afternoon officer.....Thank you, have a nice day thank-you-bye-bye-see-you".
Se mi chiedono dove sono stato con una faccia gentile gli rispondo
"In vacanza a Cancun, che posto divertente, c'e' mai stato lei, officer?"
Se mi guarda con la faccia da mastino, forse dico la verita', si sa mai, poi magari mi morde.
Dopo trentacinque minuti di coda, ma dov'e' Phillis, arriva il mio turno. Mi guarda malissimo. Mi e' toccato il mastino.
"Good afternoon officer"
Non e' che non abbia proprio risposto, una specie di rutto mi e' anche arrivato alle orecchie, ma molto tenue.
"Il suo modulo non e' completato correttamente"
"Non posso crederlo, officer, sono molto spiaciuto. Cosa manca?"
"Non hai messo la cittadinanza"
Tutto li', cazzo, ma dillo subito. Non gliel'ho messa in questi termini.
"Oh I'm italian officer, se vuole scrivercelo"
"No. Tu devi compilare il modulo, non io. Non siamo qua per compilarvi i moduli."
"Ha ragione, officer, noi italiani siamo cosi' sbadati, per fortuna che c'e' gente come lei". Traduzione: "Sei un povero idiota con la faccia come il culo", non gliel'ho detto, nemmeno questo.
Fin qui e' andato tutto abbastanza bene....poi.

Il problema e' quello che ho fatto subito dopo, che quasi equivale ad avergli detto quello che pensavo di lui, ovviamente nella sua ottica. Vedo che in fianco a lui c'e' una penna. Commetto l'imperdonabile errore di allungare la mano, afferro la penna e faccio per scrivere. Preso da un terribile attacco di emorroidi e convulsioni, il poveretto mi diventa completamente rosso in faccia e comincia ad urlare e si alza in piedi, al punto che gli altri impiegati si sono girati tutti.
Dio mio, adesso cos'ho fatto?
"Don't touch my pen, Don't ever think to do this again"
Figuriamoci. Cosa pensa questo che passi le mie giornate avanti indietro per i gabbiotti dell'immigrazione, ma chi crede di essere, San Pietro?
"Put it back, and go back to the and of the line"
Questa era la sua punizione. Altri trenta minuti di coda, nel frattempo era arrivato un volo dalla Germania, quindi la coda si stava allaungando ancora di piu'. Mi avvio, mi appoggio su un banco a completare la mia imperdonabile mancanza, sette lettere: I T A L I A N.
Poi vedo che un paio di gabbiotti piu' avanti un impiegato ha appena finito di sbrigare un "cliente", e facendo finta di nulla mi infilo, strisciante, per non essere visto dall'altro, evitandomi trenta minuti di coda e la possibilita' di tornare dallo stesso agente di prima, il quale mi avrebbe sicuramente creato dei problemi.
Per fortuna il mio carissimo amico, che mi auguro stia soffrendo di qualche tremenda forma di tetano e/o colera e anche un po' di lebbra, non mi vede.

Esco fuori dal terminale. Piove e fa abbastanza freddo.
Welcome back.

Aspetto che arrivi Melanie a prendermi con Luca, e per tirarmi un po' su il morale, facendo finta di nulla, mi siedo vicino ad altre due persone appena arrivate che parlano spagnolo, ma e' difficile mentire, soprattutto quando difronte hai l'insegna di Mac Donalds, la pubblicita' della Coca-Cola, Burger King, tre diverse catene di alberghi, di quelli con i settecento posti auto, le macchine della polizia che sembrano dei carriarmati, guardi in cielo e non vedi neanche le stelle, perche' le luci della (pubbli)citta' le sovrastano.
"Creemos en le consumismo!"

FINE