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La Habana y La Luna

El Barba

Dolares y Pesos

Nadie

Maestro

Particular

Phillis, John and Dan

Inmigracion

LA HABANA Y LA LUNA



Mi pare che a La Habana la luna sia storta. Forse mi sbaglio pero' ho sempre avuto l'impressione che la luna, in Italia, cresca da destra a sinistra, mentre a Cuba cresce dall'alto in basso. Forse perche' Cuba e' vicina all'equatore, o forse perche' in 35 anni, per la prima volta ho notato un fenomeno che avviene normalmente anche da noi.

Quest'episodio mi ha fatto capire con quale spirito sono arrivato a La Habana: cercare di carpire anche il piu' piccolo dettaglio della vita dell'isola. L'ho notato durante il concerto di apertura del Festival di Musica de La Habana, un Festival che riuniva, senza alcuna distinzione di genere, i gruppi di musica Afro Cubana con la avanguardia della musica sperimentale fino alla computer music, senza troppi problemi di "correttezza" estetica.

La band era Habana Ensemble un gruppo di Latin Jazz/Rock/Salsa nato da alcuni fuoriusciti del gruppo Irakere, un gruppo consciuto anche internazionalmente e capeggiato dal pianista Chucho Valdez. I musicisti erano tutti di notevole qualita', che non e' per niente raro a Cuba, come ho avuto modo di constatare poi nei giorni successivi. Ero arrivato tre giorni prima dell'inizio del Festival, perche' avevo bisogno di fare alcune prove prima del mio concerto. L'organizzatore del festival, Enmanuel Blanco, figlio di Juan Blanco, celebre compositore cubano, ora ottantenne, mi e' venuto a prendere all'aereporto. E' arrivato con il traduttore, risultato inutile, visto che parlo spagnolo, come gli avevo detto per fax, ma non si fidava. Viaggiavano su un taxi della compagnia statale, che aveva messo a disposizione del festival tre macchine, Lada, per portare in giro i vari artisti stranieri, nonche' gli organizzatori. La prima delusione. L'aereo ci ha sbarcati nel terminale due, dal lato opposto a quello principale dell'aereoporto Marti', quindi non dove era sbarcato il Papa. Questo trattamento irriguardoso mi ha seccato un po'. Nella sala di arrivo non c'era nessuna pubblicita', e per chi arriva dagli Stati Uniti, questo si nota immediatamente, come pure si nota la scritta immensa: "Creemos en el Socialismo". Appena fuori dall'aereoporto, passati i banchi dell'immigrazione, che tristemente ricordano i banchi della "ex" frontiera di Berlino Est, un altro enorme cartello: "200 milioni di bambini nel mondo vivono per la strada, nessuno di loro e' cubano". Tante cose si possono dire di Cuba, pero' hanno ragione ad essere orgogliosi di questo risultato. Fino all'eta' di quindici anni lo stato si prende cura dei bambini: istruzione, libri, cibo, medicine, vestiti, quando necessario.

La mia curiosita' era tale, che penso di aver memorizzato perfino la posizione delle foglie sugli alberi nel tragitto che ci separava dall'aereoporto alla casa di Enmanuel, dove sarei stato ospite per tutti i dieci giorni.

Arriviamo a casa di Enmanuel, nel Vedado. Il Vedado e' il quartiere residenziale de La Habana, dove la gente vive, dove c'e' l'Universita', i ministeri, le varie istituzioni -la UNEAC, l'unione degli scrittori e artisti cubani, l' Istituto Nazionale della Musica, Casa de Las Americas, e l'istituto di musica elettroacustica di Cuba, tra gli altri- nonche' le ambasciate. Tra il Malecon (il lungomare de La Habana) e la casa di Enmanuel, c'e' un palazzone moderno di dodici piani, a mo' di fortezza: l'ambasciata nord americana, che in realta' si chiama "Centro di interessi Statunintense", visto che "ufficiamente" non esistono relazioni tra US a Cuba. L'unica differenza con un'ambasciata e' che Cuba non considera quel territorio parte degli USA, come sono invece le ambasciate in genere, ne' tantomeno gli e' concesso di esporre la bandiera. Di fronte al Centro di interessi c'e' un immenso cartello, molto amato dai cubani, anche dagli anti castristi, a parte, ovviamente gli esiliati. Rappresenta uno zio Sam che ringhia e dall'alltra parte, un soldato cubano che ride e nel mezzo la scritta: "Señores imperialistas, no les tenemos absolutamente ningun miedo" (Signori imperialisti, non ci fate assolutamente nessuna paura). Gli impiegati statunitensi che ogni giorno vanno a lavorare non possono fare a meno di vederlo, visto che le loro finestre inevitabilmente sono puntate contro quel cartello, ma forse bisognerebbe dire che e' il cartello ad essere puntato verso le finestre. Sull'altro lato invece dice: "¡Por la vida, no al Bloqueo!".

Arriviamo a casa, sono le dieci di sera.La strada e' buia, i lampioni ci sarebbero, pero' solo uno ogni dieci e' accesso, ma anche quello accesso fa poco o nulla, gli alberi per la strada sono cosi' grandi e pieni di foglie che ne smorzano l'effetto anche standoci esattamente sotto. Si percepisce pero' che non c'e' alcun pericolo a stare per strada, i bambini giocano per strada, la gente resta fuori a chiaccherare, e fino a tardi. Ai cubani piace parlare, molto, e soprattutto di politica, questo e' molto latino. Quasi tutte le case, questo lo avevo notato anche a Portorico, non hanno i vetri alle finestre, solo delle persiane di legno, per proteggersi o dal troppo sole o dalla pioggia. Ma i vetri non servono e con quel clima e' un piacere avere l'aria che ti entra in casa, con il profumo del mare. Per gentilezza i miei ospiti mi chiedono se voglio fare una doccia. Accetto, dopo dodici ore di viaggio (grazie all'embargo, altrimenti sarebbero state quattro), ne sentivo il bisogno. Primo impatto con la via quotidiana. L'acqua c'e' dalle otto di mattina fino alle dieci, di mattina, poi dalle sei alle nove di sera. L'acqua calda non c'e'. Se la si vuole la si scalda in cucina e poi si mescola con l'acqua fredda in una tinozza e con un pentolino la si raccoglie e si versa sulla testa. Cosi' ci si lava. Incredibile lo spirito di addattamento umano. Dopo due giorni mi pareva che quello fosse IL modo, l'unico, di fare la doccia. In realta' la mattina stavo in casa fino a quando arrivava l'acqua, poi facevo la doccia fredda. Visto il clima l'acqua e' fresca, non fredda. Come mi faceva notare un compositore pisano, venuto per il festival il problema dell'acqua a La Habana non e' molto diverso da Pisa. L'elettricita' nel Vedado non manca mai, con qualche rarissima eccezione. In dieci giorni non e' mai mancata. Il vicino di Enmanuel non ha il telefono, quindi il suo telefono e' anche il telefono del vicino. Non ho consciuto un cubano che non sia pronto a dividere con un altro quello che ha, anche se poco, spesso quasi niente. Alcuni dicono che e' questo si deve alla rivoluzione, altri dicono che sono sempre stati cosi', io mi sono fatto l'idea che in condizioni di poverta' e di difficolta', si crea una spirito comunitario molto forte. Credo che fosse cosi' anche nell'Italia dell'immediato dopo guerra. Forse contribuisce in parte anche un fatto culturale (in maniera minore infatti ho notato questo tipo di atteggiamente anche a Portorico), in parte forse anche l'educazione socialista.

Ma forse, quest'atteggiamento da stato di emergenza, che in Italia chiamavano "Solidarieta' Nazionale", e' parte di tutti i popoli. L'unica eccezione a questa regola potrebbero essere gli americani, ma questo lo penso piu' perche' sono spinto piu' dalla mia personale antipatia per questo popolo che perche' l'abbia provato personalmente.

Non passa un'ora da che sono arrivato che gia', seduti sul balcone stiamo parlando de "El Barba", uno dei tanti soprannomi che i cubani hanno affibiato a Fidel Castro. A parte questa "riunione", ho notato che i cubani sono dotati di un notevole senso dell'umorismo, che non si prendono mai seriamente, e che anche nel peggior momento trovano il modo di riderci su. Perfino a parlare dell'embargo si fanno delle risate. I miei ospiti, me lo dicono subito, non sono comunisti, pero' sono per la rivoluzione, e non tollerano gli statunitensi e la loro arroganza. Difficile dargli torto, su tutti e tre i punti. Io sono comunista, perche' ho potuto scegliere di essere comunista, conoscendomi, se me lo avessero imposto, nemmeno io lo sarei. Ho notato comunque che quando un cubano ti dice che non e' comunista, la sua posizione in uno schieramento politico europeo sarebbe un misto di ecologista e comunista, piu' di tipo Gramsciano che marxista. Juan Blanco, per esempio, fu tra i rivoluzionari, amico di Guevara e Fidel, al tempo della rivoluzione, fu nominato da Guevra ministro della cultura. Ora prende le distanze da Fidel, anche se non completamente, e, come molti cubani fa notare che i cosidetti "buoni" della rivoluzione, in un modo o nell'altro sono "casualmente" morti, o mandati a morire, tanto per Camillo Cienfuegos -che i cubani adorano- quanto per Guevara. E' anche vero, questo lo dico io, che e' facile mitizzare personaggi, che se vivi forse, non sarebbero quello che ci immaginiamo di loro, chissa'. Guardiamo il telegiornale, dell'unico canale televisivo, che ironicamente molti cubani chiamano la CNN (Cuban National Network), e leggiamo la Granma -perche' c'e un articolo di presentazione del Festival-, anche questa ironicamente chiamata il New York times. Unico giornale ufficiale dell'isola, organo del partito comunista.

Sulla televisione sono assolutamente con Fidel. Un canale basta e avanza, da mezzogiorno a mezzanotte, senza pubblicita'.Tranne il sabato, perche' da mezzanotte alle due fanno un film uscito recentemente, spesso piratato dagli USA. Di questo i cubani sono molto fieri: voi ci fate l'embargo e noi vi freghiamo i film e non vi paghiamo i diritti. Per la cronaca io ho visto Titanic -gia' sottotitolato in spagnolo- a Cuba e non nelgi USA.......

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